Mio nonno era un uomo ricco, ma anche simpatico e generoso, che in breve tempo era diventato il padrone di Positano. A lui la gente si rivolgeva per aiuto e per consiglio, perché da quel gran signore che era sapeva aiutare dando quasi l’impressione che fosse l'altro a fargli un piacere.
I positanesi amavano Don Michele e la sua famiglia, lui così tozzo e scuro, simile ai pescatori che tiravano la vita con i denti, lei, giovane, bella e biondissima, follemente gelosa di quel demonio bruno... lei, debole di nervi, aveva sempre le tasche piene di confetti e caramelle per i bambini ed era sempre pronta a fare una piccola dote alla ragazza che "era scivolata" e si “doveva” sposare… lui, sempre pronto a tirare fuori dai guai quella sua moglie megalomane, che quando tutto era stato sistemato con i soldi di lui, agitava il suo enorme mazzo di chiavi dicendo "quel che mio è mio" dimenticando gli innumerevoli prestiti ricevuti e mai restituiti.
Il primo dei giovani Parlato era Gioacchino, bruttino e tarchiato era però straordinariamente intelligente, vivace, curioso, sicuro di sé… un primogenito che riempiva d’orgoglio suo padre, che viveva nell’ammirato terrore delle sue prodezze e della sua sfrontatezza. Licenza liceale a sedici anni, la sua passione era la pittura, ma allora i figli dei ricchi difficilmente potevano fare gli artisti e quindi si iscrisse ad ingegneria, dove si laureò in poco più di tre anni. A vent’anni vincitore di concorso, avrebbe dovuto essere assunto come ingegnere al comune di Napoli, ma un amico del padre, invece di congratularsi con lui, lo assalì con un “vergognati, stai rubando il pane a chi ne ha bisogno”. Fu così che Gioacchino, al quale l’idea di fare l’impiegato credo sorridesse poco, perché prepotente e ribelle com'era avrebbe mal tollerato chiunque osasse dargli ordini, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti, iniziando una fortunata carriera di pittore, che unita alle ricchezze ereditate gli ha consentito di vivere una vita interessante e libera dal bisogno materiale.
Di zio Gioacchino in famiglia e tra gli amici di storie se ne raccontano tante, da quando poco più che quattordicenne sparò con un fucile ad aria compressa al capoverde appena comprato da mio nonno, che voleva avviare una riproduzione selezionata di papere e di come cercasse di fargli credere ad una morte naturale e il nonno quasi ci cascava, a quando tormentava le sorelle più piccole confidando loro che la casa di Positano era infestata da terrificanti fantasmi a forma di lisca di pesce. Dopo un pomeriggio di racconti sussurrati a questa o a quella delle ragazze, le bambine andavano a letto terrorizzate e quando, nel cuore della notte, quei fetenti dei fratelli azionavano il marchingegno che avevano preparato per far volare la lisca di pesce nella loro stanza e le chiamavano per farle svegliare, il nonno faticava non poco a convincerle che di fantasmi nella casa di Positano non ce n’erano. Anche io a suo tempo subii da parte delle mie cugine un tentativo di farmi credere che la casa fosse infestata da fantasmi e che si agirassero sulle terrazze i due suicidi che avevano trovato lì la morte, cercando invano la pace.
Mio zio Gioacchino, o perché aveva orecchiato qualcuno di quei discorsi dal terrazzino del suo appartamento, che dava sulla terrazza grande, o perché qualcuno degli altri cugini aveva fatto la spia, sentito “il fieto del miccio” mi obbligò a raccontargli cosa mi avessero detto e poi ad andare da sola in giro per l’appartamento buio, mentre lui mi aspettava sulla porta di ingresso, pronto ad intervenire se io di fantasmi ne avessi trovati. Mi ricordo che fischiettando e tremando, ma incapace di disobbedire all’intimazione, anche perché se lo avessi fatto mi avrebbe subito ricacciato nella casa che secondo me era infestata, mi aggiravo terrorizzata per l’appartamento, ma naturalmente di fantasmi non ne ho visto neppure l’ombra.
Da allora ho imparato a non temere il buio e ad affrontare sempre con coraggio le mie paure.
L'unica cosa di cui avere veramente paura è la paura stessa (Franklin Delano Roosvelt, dal Discorso di Insediamento)
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