
Quando si partiva per Positano, l'unica cosa di cui mio padre si preoccupava era il sacchetto con la lampara ed un buon numero di totanari, lunghe lenze che terminavano con una bacchetta di piombo alla quale si legavano accuratamente filetti di alice, che servivano da esca per i totani, animali molto simili ai calamari, che all'epoca abbondavano vicino alla costa.
Per poter andare a pesca, bisognava che ci fosse la luna nuova e che il tempo fosse sufficientemente stabile, per noleggiare una barca a remi ed avventurarsi in mare aperto di notte, con tre bambini e una moglie che non sapeva nuotare, ma che rifiutava di restare ad aspettare a casa.
Quando finalmente la data era decisa, consultati tutti i marinai di fiducia per previsioni del tempo personalizzate, si preparavano le lenze. Erano lenze di un centinaio di metri di nailon doppio, che terminavano con una polpara, un pezzo di piombo, con un amo a forma di cerchio con delle spine di metallo, al quale si legava saldamente un'alice appena pescata. Mio padre si preoccupava anche di acquistare l'acetilene per la lampara, mentre mia madre preparava una merenda a base di rosette di pane imbottite di mortadella, un po' di uva a cornicelle, qualche bottiglietta di gassosa (la coca cola non era ancora entrata saldamente nella nostra cultura) e noi cinque, con un caro amico anche lui appassionato di questo tipo di pesca, ci avviavamo. Eravamo naturalmente vestiti con pantalonacci vecchi e, benché fosse piena estate, eravamo anche obbligati ad indossare le pizzicosissime marinare - pullover di lana fitta tipici della Positano di quegli anni, che erano fatti con lana a buon mercato e pungevano se le indossavi senza avere una camicia sulla pelle.
Si partiva all’imbrunire e ci allontanavamo lentamente dalla spiaggia finché le luci di Positano diventavano piccole piccole. La notte diventava sempre più scura e tutti restavamo in un silenzio quasi religioso, rotto solo dallo sciabordio dei remi.
Giunti al posto ritenuto adatto alla bisogna, si metteva dell’acqua di mare nella lampara, legata a poppa, insieme alle pietre di acetilene e si liberava così un gas con un odore molto penetrante, al quale si dava fuoco. L’assenza della luna faceva concentrare sotto la sibilante luce della lampara decine di aguglie e pesciolini vari e a volte anche i totani, che vedevamo nuotare quasi a pelo dell’acqua, con il loro incantevole color rosso vivo.
Sempre in silenzio, calavamo le nostre lenze, alzando ed abbassando il braccio per cercare di indurre i totani ad abboccare. Quando si sentiva una toccata bisognava tirare su piano piano, senza strappi, con un ritmo costante. Il totano, infatti, nuotando all'indietro, si aggrappava sempre più all'amo mentre, se uno avesse dato uno strappo troppo forte, si sarebbe staccato e sarebbe fuggito. Appena arrivato in barca il totano, che non poteva più sfruttare la forza propulsiva dell'acqua per nuotare, si staccava da solo dall’amo e lanciava un forte spruzzo di acqua, misto ad inchiostro, al quale tutti cercavano di sottrarsi allontanandosi il più possibile da chi lo aveva preso, per riavvicinarsi immediatamente dopo, per valutare la grandezza della preda.
Nelle pesche più fortunate, in un paio d’ore prendevamo una decina di totani e al ritorno non finivamo di commentare la pesca, le catture di questo e di quello, il totano scarpone (molto grosso) che ci era scappato per un pelo… Appena arrivati a casa mamma puliva e cucinava i totani con la salsa di pomodoro, mentre noi, sporchi, infreddoliti e affamati, aspettavamo che fosse pronto a tavola.
Mangiavamo con gli occhi che si chiudevano dal sonno, ma non avremmo rinunciato per nulla al mondo a quella pasta, che ci sembrava buonissima, anche se eravamo così stanchi che a stento riuscivamo a tenere gli occhi aperti.
Capitava, però, anche di tornare a mani vuote, perché non si era trovato il punto giusto, o semplicemente perché eravamo stati poco fortunati, ma anche se un po’ ci restavamo male, un gelatone da Chez Black, il bar che stava sullo stradone e del quale eravamo affezionati clienti, ci consolava in fretta della delusione. E anche senza totani da mettere nel sugo, mamma la pasta la preparava lo stesso.
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