mercoledì 8 febbraio 2012

I 65 anni di Licia

Gioco spesso a burraco con le amiche e, volendo ricambiare i tanti inviti ricevuti, ho deciso di festeggiare i miei 65 anni con un torneo di burraco di beneficenza pro Unitalsi. La mia casa è piena di mobili e librerie e quindi non avrei potuto sistemare comodamente la decina di tavolini che mi servivano per l'occasione. Così ho pensato che, essendo i lavori nel basso ormai terminati, avrei potuto sistemare lì le mie amiche, cogliendo anche l'occasione per mostrare i locali, di cui tanto mi avevano sentito parlare in questi anni. Detto fatto, mia cugina mi ha prestato tavoli e sedie, la scrivania di Giulio ha fatto da tavolo per il buffet, e nella stanzetta accanto ho fatto sistemare il tavolino con le bibite. Non disponendo di una cucina, tutto è stato fatto fare fuori, il bar di fronte ha provveduto alle fritturine miste e alle bevande, il fornaio vicino alle pizze (buonissime), il bar Cimmino alla pasticceria. Giulietto mio allo champagne. Su ogni tavolino c'erano quattro penne da portafoglio, una per ciascuna giocatrice e molti premi per le vincitrici e le più fortunate (estratte a sorte), comprati con la consulenza delle mie cugine e della mia amica più cara. Collane e collanelle, plaid, libri... E' stata una bella festa, ho ricevuto tanti complimenti e tante telefonate di ringraziamento ma, a dirvela tutta, non è stata una grande idea, non potete immaginare come hanno ridotto il pavimento in cotto chiaro (industriale) le quaranta signore alle prese con il buffet e gli inutili tentativi di ripulirlo, però è stata una bella festa.

martedì 7 febbraio 2012

La conclusione dei lavori - Scempio a Palazzo Serra

A lavori finiti, abbiamo aperto il vano sulla strada e collocato lo scheletro del portone blindato…. Apriti cielo! Si è scatenato un putiferio da non credere, Il Mattino del 28/3/2011 titolava su cinque colonne "Denuncia Chiaia: Scempio a Palazzo Serra" raccontando come la Circoscrizione Chiaia avesse mandato i vigili a verificare se ci fossero state violazioni della normativa edilizia, i quali non potevano che constatare la perfetta regolarità dei lavori e dei permessi. Non potendo quindi contestare abusi edilizi, i rappresentanti della municipalità (che nulla avevano trovato da dire quando erano stati scoperti 800 falsi invalidi nella loro sezione, prevalentemente abitanti del Pallonetto) si chiedevano come mai la Soprintendenza - di solito così rigida nel far rispettare lo stato dei luoghi - avesse concesso quel permesso e si stracciavano le vesti per la bruttezza del portone, invitando la Procura della Repubblica di Napoli a verificare che non vi fossero fatti illeciti dietro quell'autorizzazione. Nessuno si era accorto dell'esistenza di un vecchio numero civico, nè del fatto che era evidente che il portone blindato era solo provvisorio, perché c'erano scanalature che non avrebbero avuto senso se non fossero state funzionali al rivestimento con altro materiale. Ma si sa, si approssimavano le elezioni e bisognava acquisire visibilità, non importa a scapito di chi. Il Mattino, giornale di Napoli che compriamo per leggere le necrologie, non solo non aveva verificato che esistesse uno scempio, ma si guardò dal pubblicare la richiesta di smentita immediatamente inviata. Non so se la Procura della Repubblica abbia o meno accolto l'invito, noi eravamo tranquilli e sicuri di non aver nulla da temere da nessuna indagine, ma per quieto vivere lasciammo cadere la cosa: il tempo avrebbe dimostrato quanto fallace fosse quel giudizio, tanto più quando l'inaugurazione della biblioteca avrebbe dimostrato come il locale sarebbe stato dato in comodato per una destinazione ad "uso pubblico" e non privato. Nei mesi successivi c'è stata la lunga malattia di mio fratello, che non ha lasciato spazio ad altro e, quando lui ci ha lasciato, si è ammalato Giulio e tutto è stato rinviato alla prossima primavera, anche perché ci sono ancora problemi di umidità dello scantinato, da risolvere risolvere prima di metterci i libri da offrire alla libera consultazione dei concittadini interessati alla storia di Napoli e del Meridione. Intanto sto facendo le foto dei luoghi, che metterò qui non appena sarò riuscita a ridurle alla dimensione richiesta... Finisce così, per il momento, la storia del mio basso e del suo restauro
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lunedì 6 febbraio 2012

Le situazioni evolvono

Forti del ritrovamento di quella guida, facemmo preparare un progetto di sistemazione che prevedeva il ripristino dell’originario stato dei luoghi, con eliminazione del grande barbacane esistente, eliminazione di tutte le pareti brookner esistenti, con l'apertura di una comunicazione tra il basso e il sottostante scantinato e, soprattutto, la sostituzione della finestra inclusa all'interno del portale di piperno, con un portone ed il ripristino del vecchio numero civico 16. Dopo una lunga attesa e numerosi incontri tra il nostro architetto e quelli della Soprintendenza ai monumenti, che poi ha seguito la realizzazione del progetto passo passo (erano al piano di sopra) finalmente ottenemmo gli agognati permessi, ma aspettavamo la riconsegna del basso per cominciare. Nelle more dell'avvio dei lavori, però, era maturata l’idea di una nuova destinazione del basso, non più casa del figlio piccolo, che nel frattempo aveva preso in affitto uno studio abbastanza grande da poterci anche vivere (ma di fatto è sempre qui a casa e non ha nessuna intenzione di mollare la sua stanza, di cui tanto vorrei impossessarmi) ma sede della biblioteca della associazione fondata da Giulio con altri amici http://www.amicidegliarchivi.it/ attualmente ospite di una storica confraternita napoletana, che non aveva sufficienti spazi da mettere a disposizione per la sistemazione dei suoi moltissimi libri.

Via Monte di Dio n. 16

In attesa del rifacimento del solaio, cominciammo a pensare a come avremmo voluto poi sistemare l’appartamento e facemmo fare al nostro architetto un progetto da presentare per le necessarie autorizzazioni e a corredo della documentazione, fotografammo le due finestre che si affacciavano su Monte di Dio ed il portale di piperno che ne contornava una. Con nostra grande sorpresa, mentre facevamo le foto, ci accorgemmo che, alla sommità del portale, sulla facciata del palazzo c’era un residuo di numero civico in ferro battuto, di cui era rimasto solo un 1 smozzicato, inchiodato al muro e la traccia arrugginita del vecchio numero sei. Praticamente, il basso in passato aveva un ingresso sulla strada e Giulio mio marito, da buon archivista che tutto ricorda e tutto conserva, trovò tra i suoi libri una guida Stellacci del 1928, che censiva tutti gli appartamenti allora esistenti in città, che indicava il vecchio civico n. 16 di via Monte di Dio come l’ingresso di un basso.

Il nuovo solaio

Una volta chiamata l’impresa che stava facendo degli altri lavori nelle vicinanze, per valutare quanto ci volesse per rendere la casa abitabile, l’amara sorpresa… Tutto da rifare, impianti inesistenti o del tutto inutilizzabili, pavimento in finto parquet malamente incollato su piastrelle inizi ottocento, ormai irrecuperabile, finanche il solaio era da rifare. Sentito il proprietario dell’appartamento sovrastante, che era lo Stato Italiano, ci accordammo per far rifare il solaio a volta, da un’impresa scelta dal Ministero, seguendo quindi le normali procedure di appalto e mettendo a disposizione dell’impresa che li avrebbe eseguiti tutto l'appartamento nelle condizioni in cui era per poter eseguire i lavori da sotto, per tutto il tempo che sarebbe stato necessario. Da parte nostra, sistemato il solaio, avremmo potuto eliminare il muro che lo sosteneva (quasi mezzo metro di spessore) ottenendo un unico ampio locale. Fiduciosi che si potesse procedere in tempi ragionevoli alla sistemazione della casetta, cominciammo ad aspettare... Ci sono voluti anni, tra l'approvazione del progetto di rifacimento della volta, lo svolgimento della gara di appalto el'assegnazione dei lavori all'impresa e diversi mesi per l'esecuzione. Però, ragazzi, quando vedemmo cosa avevano realizzato, restammo a bocca aperta dalla meraviglia. Che spettacolo quella volta tonda in mattoni grezzi!

La trattativa e l'acquisto

Pregammo quindi il mediatore di attendere qualche giorno, perché aspettavamo che venisse fissata la data della stipula del contratto di vendita, in modo da essere sicuri di avere il danaro necessario al pagamento del basso, che doveva essere interamente versato prima della notifica al ministero per l’esercizio del suo diritto di prelazione, ma nel frattempo avevo incontrato quello che credevo un caro amico, che abitava nel palazzo che mi interessava e gli chiesi come fosse la situazione condominiale. Lui mi fece cento domande, poi mi disse che la situazione era terribilmente difficile, sconsigliandomi vivamente l’acquisto. La sera stessa telefonò il mediatore dicendo che dovevo dargli subito la sua commissione perché il “caro” amico aveva telefonato ai proprietari per acquistare lui il mio basso, quindi, pur non avendoli materialmente, feci un assegno all’agente, che si impegnava a non incassarlo subito, che a sua volta ne inviò copia ai proprietari, sostenendo che il basso era già stato venduto e lui aveva già incassato la sua provvigione e quindi non era possibile cambiare compratore. Insomma, era deciso, in pochi giorni compromesso per la vendita della terra e acquisto del basso, con il piccolo aiuto di un fratello che mi ha prestato quel che mi mancava per pagare l’intero prezzo, in attesa di ricevere il saldo delle rispettive quote. Fu così che la sartina e io ci ritrovammo dal notaio, insieme ad schiera altri compratori, perché si trattava della vendita di cespiti ereditari, con la quale si concludeva una causa di divisione lunga e turbolenta e i proprietari, che risiedevano nei posti più disparati, volevano che tutto avvenisse in un’unica giornata. Noi eravamo quelli che avevano acquistato la quota più importante e passammo per primi, fu così che mio figlio Luca (quello più abile nella gestione economica, che si era impegnato a venderlo qualora Andrea in qualunque momento della sua vita avesse avuto bisogno di aiuto) si trovò proprietario del basso, dove pensava di poter andare ad abitare nel giro di poco tempo.

domenica 5 febbraio 2012

Come fu che divenni proprietaria di un basso

Alla morte di mia madre, decidemmo di vendere la piccola azienda agricola che gestivo con lei, perché ciascuno dei fratelli potesse decidere come gestire la propria eredità. Se fosse stato per me l’avrei tenuta, ma desideravo salvaguardare l’armonia familiare, che sarebbe stata guastata se non avessi accettato di vendere anche io la mia quota, che del resto sarebbe stato costoso e complicato gestire da lontano. Fu così che mentre ancora si svolgevano le trattative con l’aspirante compratore, cominciai a guardarmi intorno, per vedere come investire la mia
parte. Una mattina, che ero andata a misurare una camicia dalla mia sartina e poi avrei dovuto andare a pranzo fuori con mio marito, non essendo ancora l’ora dell’appuntamento, per perdere un po’ di tempo cominciai a parlarle di un camicione che avrei voluto farmi fare, proponendole di andare a misurarlo ad una certa data.
La signorina, un donnino piccolo e tracagnotto, che avrà avuto una sessantina d'anni mal portati, con aria sussiegosa, mi rispose di non potere perché proprio quel giorno aveva un altro impegno. Era una cosa così insolita non trovarla in casa che mi venne spontaneo chiederle cosa dovesse fare e lei mi sussurrò che doveva andare dal notaio. Cosa andate a fare dal notaio, le chiesi io che di solito non sono impicciona, ma che ero incuriosita dal tono un po' misterioso della risposta e lei, sempre sussurrando, mi rispose che andava a stipulare il contratto per l'acquisto della casa dove abitava, un basso di due stanze in una traversa a pochi passi da casa mia. Le feci un sacco di complimenti, ero davvero contenta per lei, che in passato mi aveva raccontato quasi piangendo di aver avuto lo sfratto e di non sapere dove andare ad abitare. E siccome ancora non era ora di andare, le chiesi se volesse dirmi quanto avrebbe pagato. Quando lo seppi mi parve un prezzo bassissimo per la zona, così le domandai se ci fosse qualche altra cosa in vendita. Lei tentennò un poi e poi... "sì, ci fusse n'ata cosa ca se vende, ma nun s'adda sapé" e aggiunse "'a vulite vedé?"
Naturalmente volli vederla e così, uscite da casa sua e girato l'angolo, mi mostrò due finestre che affacciavano su Monte di Dio, dalle quali sbirciammo. L'appartamento era assai più caro del basso della sartina, che mi spiegò che bisognava anche acquistare l'annesso enorme scantinato, condizione irrinunciabile della vendita, soggetta oltretutto a prelazione del Ministero dei Beni Culturali, perché il basso faceva parte dello storico palazzo Serra di Cassano.
L'appartamento era piccolo, ma a pochi passi da casa mia e quindi avrebbe potuto essere la prima casetta di uno dei miei figli. Così le dissi che ero interessata e le chiesi chi si occupava della cosa e lei mi diede un numero di telefono facendomi giurare che non avrei mai detto che me l'aveva dato lei...
Anche a mio marito, sopraggiunto nel frattempo, piacque quel che vedemmo e così iniziammo a cercare di contattare l'agenzia incaricata della vendita.
Facemmo fare a mio figlio una decina di telefonate, il tipo non c'era mai, né richiamava, così persi la pazienza e decisi di occuparmi personalmente della questione e, naturalmente, nel giro di cinque minuti fui richiamata. L'agente immobiliare - che non avrebbe voluto avere rogne con gli aspiranti acquirenti, perché anche lui condomino di quel palazzo - cercò in tutti i modi di scoraggiarmi, fin quando capì chi fossi e allora divenne disponibilissimo e accompagnò mio figlio e mio marito a visitarlo. I due tornarono incantati non tanto dalla casa, quanto dallo scantinato, grandissimo, molto umido, ma che era stata la cava dalla quale avevano ricavato il tufo per la costruzione del palazzo, era già tutto pavimentato e c'erano due profondi pozzi che portavano non si sa dove. Insomma erano affascinati e quanto mai decisi a cercare di prenderlo.