Non si vede benissimo, rappresenta un girotondo di bambini su un prato. E' un quadro che mi è particolarmente caro, perché ha una storia un po' insolita. Era un quadro che stava nel salotto del fratello di mia suocera, un vecchio signore rinsecchito, rimasto vedovo durante la guerra della giovane moglie incinta morta tra le macerie della loro casa colpita da una bomba. Non si era mai risposato e si era dedicato alla politica ed all'economia, rivestendo ruoli importanti politici ed occupando prestigiose (e remunerative) poltrone. Di quella carriera, Zio Guido aveva conservato un certo orgoglio ed una certa severità e mia suocera, una deliziosa donnina minuta, sempre sorridente, pendeva dalle sue labbra, come aveva fatto per tutta la vita. Unici superstiti della loro famiglia, si incontravano ogni paio di mesi, quando mia suocera riusciva a convincere qualcuno dei figli ad accompagnarla nella visita. Quando toccava a noi, pur non nutrendo particolare simpatia per quell'uomo, siccome lavoravo a pochi passi da casa sua, andavo anche io e in salotto, mentre i due vecchietti parlavano di personaggi della loro vita o di nipoti vari, io mi incantavo a guardare quel piccolo quadro, che pareva così fuori posto in quella casa austera, che odorava di brodo vegetale e, quindi, di vecchiaia.
Quando il povero zio Guido morì, pur tra le lacrime, mia suocera si unì agli altri parenti speranzosi per la lettura del testamento... sorpresa! Il povero zio Guido, che in vita aveva promesso a questo e a quello dei nipoti di ricordarsi di lui o di lei, aveva lasciato tutto il suo patrimonio al parroco di una vicina chiesa e alla Basilica di Pompei, lasciando ai nipoti l'onere di svuotare la casa dei libri lasciati a quattro o cinque nipoti (tra cui Giulio) insieme a trecentomila lire a testa, stabilendo che tutto il resto venisse venduto all'asta a beneficio di un istituto di ciechi.
Qualche giorno prima della data fissata per la vendita andammo a casa sua a vedere le cose esposte, faceva rabbia e malinconia veder esposti ricordi di famiglia, che avrebbero potuto andare a qualcuno dei nipoti, che certamente li avrebbero apprezzati e ben custoditi, ma decidemmo di non adare neppure ad assistere a quella vendita, per non vedere lo scempio che sarebbe stato fatto di quei ricordi.
Avevmo confidato all'esecutore testamentario il nostro desiderio di acquistare un paio di quadri, ma pur comprendendo le ragioni di mia suocera e quelle di Giulio, non poteva derogare dalle istruzioni impartite dal testatore.
Si può immaginare la nostra sorpresa quando il giorno dopo l'asta ci telefonò per comunicarci che i due quadri che volevamo, uno dei quali battuto per ottocentomila lire, non erano poi stati assegnati perché chi se li era aggiudicati, dovendo pagare in contanti e non avendone a sufficienza, aveva optato per altri oggetti e che, se lo avessimo voluto, avremmo potuto comprarli al prezzo base di trecento cinquanta mila lire. Era una bella somma, però in fondo c'era solo da aggiungere qualche soldo al piccolo legato in denaro lasciato a Giulio insieme ai libri e fu così che le bambine sono arrivate nella mia camera da letto e da allora mi fanno compagnia...