giovedì 24 settembre 2009

Le api di Licia


Caspita, ma che ore sono? Le sei del mattino? E perché mio padre dal giardino ci chiama tutti a gran voce? E’ successo qualcosa? Con il cuore in gola, mi infilo un pantalone e una maglietta e mi fiondo sull’aia, dove tutto pare tranquillo, a parte mio padre che con il naso in su, saltella intorno ad un grappolo nero che pare appartenere all’albero di prugne, urlando uno dopo l’altro i nostri nomi, come se si trattasse di una questione della massima urgenza … L’aia è molto grande e raggiungerlo richiede qualche istante, ma quando sono lì resto estasiata … è uno sciame d’api che si è posato su un ramo, facendo per cos’ dire quadrato a protezione della regina … Sono quasi tutte lì, tranne qualche ape esploratrice, che va e viene, alternandosi con le compagne.
Mio padre, che in gioventù si era occupato di api insieme a Rocco, aveva ancora tutta l’attrezzatura, tuta, maschere, affumicatore e, soprattutto, arnie, tante, da tempo in disuso a causa della tignola che a suo tempo aveva distrutto le comunità e, non volendo perdere di vista lo sciame, ci chiamava perché portassimo lì tutte le cose per catturarlo.
Rocco era un suo collaboratore analfabeta, di straordinaria intelligenza, che si portò perfino in viaggio di nozze, ufficialmente per farsi aiutare con le valige, in realtà fargli vedere un pezzetto di Italia, visto che non si era mai mosso dal suo podere.
Babbo ed io ci guardavamo e in un attimo ci capimmo, io rimasi di guardia allo sciame e lui cercò tra le casette da tempo abbandonate in un angolo dell’aia quella che avesse un aspetto migliore. La portò sotto l’albero ed insieme ne strofinammo accuratamente il fondo e le pareti con delle foglie di menta, in modo che acquistassero un odore invitante e, quando arrivò anche mio fratello, lo mandammo a prendere tute e maschere, che indossammo velocemente. Mio padre ci disse che se gli insetti ci fossero venuti addosso avremmo dovuto restare immobili perché difficilmente ci avrebbero punti, dato che le api, che hanno un pungiglione fatto ad uncino, che resta incastrato nella parte punta, dopo aver punto muoiono. Quindi pungono solo quando il movimento fa intravedere un pericolo incombente sull'alveare.
Quando fummo tutti pronti, mio padre scosse energicamente il ramo e il grappolo di api cadde nella cassetta, che ci affrettammo a ricoprire con il suo tettuccio. Moltissime api però erano volate via e potete immaginare il ronzio che si scatenò in quel momento, la paura nel vedermi circondata da tanti insetti… ma fedele alle istruzioni ricevute (e grazie soprattutto al fatto di aver ricevuto ottime tuta e maschera), non ebbi neppure una puntura, mentre mio fratello, che non era stato altrettanto fortunato e nella cui maschera erano entrate delle api - forse a causa di qualche buco o forse perché non l'aveva indossata in modo corretto - era terrorizzato e si spogliò in tutta fretta nonostante fosse al centro dello sciame, per cui si beccò un sacco di punture ed espose al rischio di essere punti anche gli altri, visto che fuggendo aveva trascinato con sé verso casa un folto gruppo di api inferocite. Il giorno dopo era gonfio come un pallone e gli venne proibito di avvicinarsi mai più ad un alveare.
Così lui dimenticò l'esistenza di quello sciame e io, invece, mi appassionai, tanto da dedicarmi al loro allevamento fino a quando non ho aspettato il primo figlio e non potevo più sollevare grandi pesi.