
I preparativi per la festa erano molto laboriosi, sembrava quasi che ogni festa dovesse essere più bella della precedente. Ricordo che l’ultima la facemmo quando avevo una decina d’anni e che, in quell’occasione, davvero mia mamma superò se stessa. Aveva comperato un centinaio di palloncini, che aveva fatto gonfiare con l’elio e, dopo aver legato un paio di metri di nastro colorato a ciascuno, lanciare al soffitto.
Allora assumere l’intrattenitore era considerato un inutile spreco, i bambini erano accompagnati dalle loro mamme e in genere si invitavano a casa propria solo persone conosciute. Ogni bambino portava un regalino: libri, piccoli giochi, caramelle o biscotti. Se erano dolciumi, se ne aprivano un paio di scatole da offrire in giro e il resto si conservava in vista di futuri ricicli. Dopo il buffet, fatto di tramezzini che erano una festa di colori e panini, pizze e pizzette fritte, spremute di arancio e qualche coca cola, cominciavano i giochi nei quali occorreva cimentarsi, c’era un gran cartellone con il disegno di un asino e i bambini – bendati e aiutati da un adulto perché non si infilzassero la puntina della coda nel dito - dovevano cercare di attaccare al posto giusto la coda dell’asino. Vinceva chi arrivava più vicino, poi si facevano tanti giochi tipo sacchi vuoti e sacchi pieni, il pacco, la sedia…. Quando era quasi ora di andar via, portavano le pignate, che si mettevano su un tappeto. Ai bambini, nuovamente bendati, si dava una mazza di scopa interamente rivestita di carta crespa, con una punta come quella dell’asso di bastoni, con la quale dovevano cercare di rompere una delle due pignate, una per i maschi, una per le femmine.
Romperle non era facile, all’interno di ciascun pacco rivestito di carta per dargli la forma di un ananas o di un ortaggio, c’era una grossa pentola di coccio, piena di caramelle e cioccolatini, nascosti tra i coriandoli e un premio: un mazzo di carte per un gioco tipo doppia coppia o memory, oppure una bambolina o un modellino di automobile…
Ad ogni colpo si tastava l’integrità della pignata, il primo che la spaccava era il vincitore del premio e, dopo aver eliminato eventuali schegge, agli altri bambini venivano consegnati coriandoli, caramelle e cioccolatini.
Poi tutti mettevano il cappotto, recuperavano un palloncino colorato e andavano via.
Le feste per gli adulti, invece, di solito prevedevano solo una maschera “en tete”. La cena di solito era a picnic e avveniva tra un giro e l’altro di un torneo di canasta. Se non c’era il torneo, i grandi facevano vari giochi, la corsa con la patata nel cucchiaio, il passaggio sotto un bastone teso sempre più in basso, il ballo con lo spaghetto in bocca o la mela da mangiare in due… E, alla fine, anche i grandi dovevano rompere la pignata. Le signore si mettevano in fila e una alla volta davano una botta sulla pentola, poi ci provavano i loro mariti, a volte la pignata era così ben impacchettata che romperla era difficilissimo e si doveva quindi ricominciare più volte il giro.
Noi bambini naturalmente eravamo stati spediti a letto per tempo, ma io ogni tanto riuscivo a sgattaiolare fuori dalla mia stanza e ad andare a spiare, ma immancabilmente venivo beccata e rispedita a letto.